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Induismo

Bisogni spirituali prima e dopo la morte
di Bruno Lo Turco, docente di Religioni e Filosofie dell’India, Università La Sapienza, Roma.

L’Induismo è un insieme molto vario di tradizioni religiose sorte in India sulla base di quella che è considerata una Rivelazione di verità eterne, ovvero il Veda. Questa Rivelazione è stata elaborata dalle varie scuole e correnti dell’Induismo in molti modi diversi.
Vi sono però credenze comuni a tutti gli induisti. Gli induisti ritengono che gli esseri umani siano soggetti a una legge morale di causa ed effetto chiamata karman.

Dalle azioni di ciascun essere umano, sia fisiche sia mentali, derivano delle impressioni, di cui non siamo consapevoli, chiamate samskara. Il corpo sottile (invisibile, più sottile del corpo fisico, ma più grossolanodell’anima) conserva queste impressioni, che influenzerannola successiva rinascita e le nuove condizionidi vita del defunto.
Ogni individuo è infatti soggetto a un ciclo dinascita, azione, morte, rinascita, chiamato samsara.
L’anima dell’individuo entra in un nuovo corpomateriale, abbandonando il vecchio come una persona si mette dei vestiti nuovi e si libera dei vestiti vecchi e strappati. La rinascita in un nuovo corpo è per l’anima semplicemente una nuova fase, proprio nello stesso modo in cui prima ha attraversato le fasi dell’infanzia, giovinezza, età adulta e vecchiaia del corpo precedente. Il samsara dà un piacere passeggero, che conduce le persone a desiderare la rinascita per assaporare i piaceri del corpo mortale.
È però solo l’uscita dal samsara che assicura la pace e la felicità eterne, ovvero l’unione con l’anima universale, che può essere chiamata Vishnu o Shiva. A ogni modo, l’essenza dell’anima, il sé o atman, non muore quando muore il corpo, perché è eterna e immutabile.
In realtà, l’anima dell’individuo è, nella sua essenza, già unita all’anima universale. Il fatto che l’individuo non sia consapevole di ciò è solo dovuto a una temporanea illusione, che è la causa del samsara.
La morte è dunque solo un momento di passaggio tra questa vita e una vita successiva, oppure tra questa vita e l’unione con l’anima universale.

Preferenze e bisogni spirituali prima della morte.
Gli induisti preferiscono morire, se possibile, circondati dai propri cari e nella propria casa.
Se accuditi da personale sanitario, lo preferiscono dello stesso sesso del paziente in rispetto dell’alto senso del pudore tenuto in considerazione nella loro tradizione.
La persona morente è sistemata nella sua stanza, con il viso rivolto a est.
Viene accesa una lampada vicino alla sua testa. Dovrebbe concentrarsi sul suo mantra personale. Se non ha un mantra personale, si può usare Om namah shivaya, “Om, lode a Shiva”. Se la persona non è cosciente sarà un parente a sussurrare il mantra al suo orecchio.
I parenti gli rimangono vicini sino alla sua morte, pregando e leggendo le scritture.
Ci possono essere riserve sull’esame autoptico, non verso la richiesta di donazione di organi.

Dopo la morte
Secondo una delle scritture più amate dagli induisti, la Bhagavad-Gita, i pensieri che si hanno al momento di abbandonare il corpo sono particolarmente importanti, poiché influenzano la vita futura. Si rinasce cioè nello stato a cui si pensa al momento della morte. Dunque è consigliabile volgere i propri pensieri, in quel momento, all’anima universale.
Dopo la morte, si pone il corpo nell’ingresso della casa, con la testa rivolta a sud. Si mantiene la lampada accesa e si brucia dell’incenso.
Il corpo non dovrebbe essere più manomesso per un certo periodo, almeno qualche ora.
Per la celebrazione delle cerimonie funebri, bisognerebbe richiedere la partecipazione di un sacerdote induista esperto.
Idealmente la cerimonia funebre avviene come segue:
I parenti eseguono particolari riti di espiazione, accompagnati da un dono di denaro ai sacerdoti addetti alla celebrazione funebre.
Il corpo del defunto, adorno di fiori, viene avvolto in una nuova veste. E’ quindi trasportato in processione al luogo di cremazione. Il corteo è accompagnato da canti e recitazioni di preghiere.
Alla morte gli induisti vengono cremati, con l’eccezione degli asceti o rinuncianti e dei bambini sotto i cinque anni. Quello della cremazione è un rito che serve a facilitare la liberazione dell’anima dalla sua esistenza terrena, e benedizione e desiderio è che sia il primogenito maschio ad accendere la pira del padre dopo aver posto il corpo con la testa a nord e i piedi a sud. Infatti gli induisti credono che il corpo sottile indugi nei pressi del corpo fisico del defunto, finché questo corpo è visibile.
Il corpo viene preparato per la cremazione in modo molto articolato: il parente più vicino, posto accanto al lato destro del corpo, offre fiori, lino e zucchero allo spirito del defunto. Pianti e lamenti vanno evitati mentre con fiori e acqua si asperge il corpo e si salmodiano mantra, si fanno offerte, si tocca la fronte con cocco, sesamo, burro trattato (ghe) fino al momento della cremazione, durante la quale vengono cantati mantra da tutta l’assemblea dei partecipanti seduti.
Dopo la cremazione, le ceneri vengono sparse, possibilmente in un fiume sacro, o comunque in un fiume che rappresenti il sacro Gange. Altrimenti le ceneri possono essere poste in un’urna, che viene poi sepolta.
Sul luogo di cremazione il cadavere è immerso nell’acqua, simbolo di purificazione, spruzzato con burro fuso e posto su una catasta di legna. Il primogenito del defunto o il parente maschio più prossimo gira attorno alla pira tre o sette volte recitando un mantra e quindi appicca il fuoco. Terminata la cremazione ciascuno dei presenti spruzza acqua sulle ceneri, che saranno poi disperse nelle acque di un fiume sacro.


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